Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXII – 25 gennaio 2025.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Malattia di Parkinson: efficacia dei nanodiamanti come trasportatori di miR-7 (N-7). I microRNA-7 (miR-7) riducono l’espressione del gene SNCA che codifica l’α-sinucleina, riducendo il danno neuronico nella patologia da degenerazione del sistema dopaminergico nigro-striatale. Yuping Han e colleghi hanno sperimentato il mezzo dei nanodiamanti come trasportatori (carriers) di miR-7 (N-7), verificando che i neuroni dopaminergici captano efficientemente N-7 ed esprimono miR-7, con conseguente inibizione dell’espressione di α-sinucleina, riduzione dello stress ossidativo e recupero dei livelli di dopamina. Questi risultati depongono a favore dell’impiego del veicolo dei nanodiamanti nella terapia del Parkinson.  [Cfr. Front Bioeng Biotechnol. 12:1480573, Jan 8, 2025].

 

Lesioni del midollo spinale: anticorpi efficaci nel recupero delle lesioni acute cervicali. Efficacia e assenza di effetti indesiderati di anticorpi anti-Nogo-A (NG 101) intratecali, in pazienti con lesioni acute del midollo cervicale, sono state dimostrate da Norbert Weidner e colleghi in uno studio randomizzato, in doppio cieco, multicentrico, controllato da placebo, in fase 2. Gli anticorpi neutralizzano i fattori inibitori implicati nella rigenerazione nervosa e consentono un recupero della funzione motoria dopo il danno spinale acuto. [Cfr. The Lancet Neurology 24 (1): 42, 2025].

 

Malattia di Parkinson: effetto neuroprotettivo dell’esercizio motorio quotidiano. Lo studio di rassegna e verifica su modelli animali dell’efficacia dell’esercizio motorio quotidiano (5 giorni a settimana per 6.5 settimane) condotto da Shahid Ishaq e colleghi ha prodotto risultati confortanti. Il training fisico causa una downregulation delle vie dell’infiammazione e dell’apoptosi, mentre regola in crescita le vie di BDNF/GDNF, e le vie della segnalazione dopaminergica nigrostriatale. Questi effetti contribuiscono alla neuroprotezione, riducono la perdita dei neuroni dopaminergici e migliorano la funzione motoria nei modelli sperimentali di Parkinson. [Cfr. Frontiers in Neuroscience 18:1464168, Jan 8, 2025].

 

Si è scoperto che il cuore può guarire sé stesso senza la mediazione del cervello. Una sensazionale scoperta conseguita dopo un lungo iter di studio ha dimostrato che, almeno potenzialmente, il miocardio può rigenerare fibrocellule. Dunque, al di là degli effetti favorevoli che uno stato mentale positivo può avere sulla salute cardiovascolare, Hesham Sadek e colleghi della University of Arizona hanno scoperto in un subset di pazienti con cuore artificiale che il loro miocardio può rigenerare cellule muscolari cardiache a un tasso più di sei volte maggiore di quello del muscolo cardiaco di persone sane.

Nel 2011 Sadek ha pubblicato su Science un paper in cui si mostrava la capacità delle cellule muscolari cardiache di dividersi in utero; nel 2014 ha pubblicato le prime evidenze di fibrocellule miocardiche rigenerate in pazienti con cuore artificiale. Poi il prosieguo degli studi ha condotto fino all’attuale risultato. [Fonti: Wouter Derks, et al. Circulation – AOP doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.123.067156, 2024 e Oxford University, Jan. 2025].

 

Differenze sessuali nella connettività funzionale del cervello in rapporto con lo stile dell’umorismo. La connettività funzionale studiata mediante fMRI allo stato di riposo cerebrale ha rivelato basi neurobiologiche per una differenza nella risposta all’umorismo. Nell’uomo, la connettività funzionale tra i nodi della rete della salienza (SN) risulta connessa all’umorismo aggressivo; la connettività tra la SN e la rete esecutiva centrale (ECN) è in rapporto con lo humor auto-enfatico associato all’attività della ECN. Nella donna, la connettività funzionale tra SN e la rete di default (DMN), è correlata con l’umorismo auto-ironico e con le interazioni sociali. [Cfr. Chia-Yieh Chang et al., Biol Psychol. – AOP doi: 10.1016/j.biopsycho.2025.108983, 2025].

 

Concerto dal vivo: come l’esperienza audio-visiva sincronizza la frequenza cardiaca degli spettatori. Anna M. Czepiel e colleghi hanno studiato dal vivo il modo in cui la performance musicale, percepita come audio-visiva, determini una sincronizzazione della frequenza cardiaca degli spettatori, accanto ad effetti sullo stato di coscienza e su aspetti edonici dell’esperienza. I ricercatori hanno impiegato misure di sincronia cardio-respiratoria con metodo di comparazione inter-soggetto, valutazioni stimolo-risposta e di correlazione e coerenza di fase. La massima correlazione con la frequenza cardiaca si aveva per l’esperienza della performance audio-visiva nei concerti di musica classica, nelle fasi di maggiore partecipazione del pubblico e coincidenti con i momenti strutturalmente concepiti dal compositore per generare effetti affettivo-emozionali. [Cfr. Ann N Y Academy of Sciences – AOP doi: 10.1111/nyas.15279, 2025].

 

Identificato un circuito sessualmente dimorfico per il controllo dell’aggressione. Quattro anni or sono, Zhu e colleghi avevano identificato neuroni della substantia innominata posteriore (pSI) rispondenti a stimoli aggressivi e agenti con le loro proiezioni assoniche su neuroni del grigio periacqueduttale (PAG), in grado di attivare tutti i comportamenti aggressivi codificati nel topo. Sulla base di questo circuito pSI-PAG, Qiuhong Xin e Hailan Hu hanno ora descritto un circuito neuronico codificante l’aggressione in modo sessualmente dimorfico. Si attendono verifiche per la conferma. [Cfr. Neuroscience Bulletin – AOP doi: 10.1007/s12264-024-01345-5, Jan. 2025].

 

Un modo erroneo e comune di concepire l’orgasmo della donna oggi può essere corretto. Ormai da tempo nella sexual medicine si assiste a una deriva verso una concezione della sessualità sempre più ideologizzata, secondo tendenze sottoculturali alla moda e sempre più lontane da una corretta visione scientifica che rifletta la natura di “fisiologia associata alla funzione riproduttiva”. Tale influenza sottoculturale porta a considerare le espressioni della fisiologia dell’accoppiamento come elementi astratti, immaginati secondo un prototipo pressoché fisso e non, come sono in realtà, funzioni che risentono dello stato e degli equilibri di tutto l’organismo e del rapporto mente-corpo. È questo il caso dell’orgasmo femminile, poco studiato e spesso impiegato quale indice di salute sessuale e metro di giudizio della prestazione maschile, senza conoscerne a fondo la natura.

 Uno studio condotto da Dixon e colleghi, che ha indagato le abilità enterocettive delle donne, ha evidenziato in un set di dati riguardante 318 donne l’importanza della “consapevolezza enterocettiva” nell’esperienza del climax, sia per quanto riguarda la possibilità di sviluppo che per ciò che concerne la soddisfazione. Il dettaglio dei risultati induce gli autori dello studio a suggerire che la ricerca sulle disfunzioni dell’orgasmo vada oltre i criteri attualmente seguiti, ed esplori l’influenza della consapevolezza endopercettiva delle donne, evidentemente molto importante e finora ignorata. [Cfr. Brain Sciences – AOP doi: 10.3390/brainsci14121236, Dec., 2024].

 

Scoperte violenza e cannibalismo nell’Età del Bronzo in Inghilterra. Una scoperta in contrasto, per la prima volta, con l’idea pacifica e quasi idilliaca di questa epoca della preistoria, in cui non esistevano stati, eserciti e guerre come nell’era storica. Rick Schulting e colleghi dell’Università di Oxford, in un lavoro archeologico e paleontologico nel sito di Charterhouse Warren, in Inghilterra, hanno analizzato oltre 3000 ossa e frammenti ossei della Prima Età del Bronzo, appartenuti a 37 individui (uomini, donne e bambini), concludendo che quella gente è stata massacrata, macellata e verosimilmente sbranata da propri simili, prima che i loro resti fossero gettati in un pozzo profondo 15 metri. Gli autori, che hanno proposto in anteprima questo studio il 16 dicembre 2024 su Science Daily, ipotizzano che questo modo di brutalizzare le vittime fosse un modo per disumanizzarle o, come si direbbe con un termine filosofico, “reificarle”. [Fonte: Oxford University, Jan. 2025].

 

Perché accade che storici di professione commettano errori nell’interpretare documentazioni sui costumi? Questa domanda, nella sua apparentemente innocua genericità, ci è stata rivolta a proposito di una discussione sull’utilità di una lettura della storia e della storiografia alla luce della conoscenza della mente umana. Si potrebbe liquidare dicendo: le ragioni sono tante, fra cui insufficienza di dati a fronte di necessità di dare un senso compiuto a tracce frammentarie; bias, ovvero tendenze inconsce degli autori a propendere per un genere di interpretazioni; convinzione dell’universalità di paradigmi e chiavi di lettura mutuati da una militanza ideologico-politica; applicazione di categorie di giudizio e sensibilità del pensiero corrente alla materia degli scritti.

Qui ci soffermiamo su quest’ultima motivazione, perché il rimedio migliore per evitarla potrebbe ritornare utile anche negli altri due casi: cercare di entrare nella mente di quell’epoca, ossia prefigurarsi una dimensione immaginaria costituita a partire dal tipo peculiare di esperienza umana, dell’arte e della cultura che caratterizzava la vita del tempo. Scontando le differenze individuali su base temperamentale, politica e di ruolo sociale, si dovrebbe sempre provare ad entrare nel modo di pensare delle persone di cui si tratta per cercare di rendersi conto di cosa un costume potesse significare a quell’epoca. Un esempio paradigmatico è quello di Umberto Eco che, per scrivere il suo primo romanzo, Il nome della rosa, ambientato in un monastero benedettino nel 1327, dichiarò di aver studiato tanto al fine di riuscire a pensare come un monaco medievale. Le tematiche religiose a quell’epoca costituivano un vincolo di coscienza morale, vissuto anche dalla maggioranza dei laici come materia di importanza assoluta, in quanto configurata come questione di vita o di morte dell’anima, e perciò legata al destino eterno individuale e, indirettamente, a questioni escatologiche universali.

Le Tempora scandivano le stagioni spirituali dell’anno di tutti i cittadini, dall’Imperatore all’ultimo pellegrino giunto in stracci e senza nome da una terra di carestia o epidemia: se non si prova ad entrare in questa dimensione, abbandonando il nostro potere di arbitrio temporale ed etico, con le discronie, le asimmetrie e il multiculturalismo vero o presunto del “villaggio globale”, è difficile rendersi conto dell’ambiente mentale in cui prendevano forma le idee e i modi di interpretare la quotidianità. Il nostro presidente in Specchio della psiche e della civiltà si è impegnato proprio in un tentativo di immedesimazione nei soggetti citati, per cercare di comprendere il modo in cui si pensava.

Ma forse anche questo sforzo può essere reso vano dal farsi un’idea soggettiva di un modo di pensare, basata sulla generalizzazione alla maggioranza di un’opinione particolare riferita in resoconti storiografici e sulla ricerca successiva di “prove a sostegno”. Consideriamo un caso emblematico.

A Ostia antica, accanto ai sedili dei gabinetti delle Terme dei Sette Sapienti (120-125 d.C.) si ammirano degli affreschi che ritraggono sette grandi saggi del 600 a.C., fra cui Solone, Talete, Chilone e Priene, intenti a istruire la gente sul “modo giusto di fare le cose”. In particolare, Solone si tocca la pancia e la scritta spiega: “Ut bene cacaret ventrem palpavit Solon” (Per defecare bene Solone si palpava il ventre); Talete esorta allo sforzo gli stitici, e si legge: “Durum cacantes monvit ut nitant Thales” (Talete raccomandò che coloro che defecano duro si sforzino); e, infine: “Vissire tacite Chilon docuit subdolus” (Chilone insegnò a emettere peti silenziosamente). Monica Lanfredini menziona questo curioso reperto quale esempio antico di esilarante illustrazione satirica ante litteram, sottolineando la scelta di impiegare icone culturali di settecento anni prima per burlarsi di coloro che ispiravano anche gli atti più banali della propria vita all’insegnamento dei saggi.

Ma lo storico Peter Brown, che vuol sostenere la tesi[1] secondo cui i Romani del I e II secolo d.C. non avevano in alcuna considerazione i filosofi loro contemporanei e li dileggiavano volentieri, parla in questi termini degli affreschi alle Terme dei Sette Sapienti:

“… i filosofi prestavano facilmente il fianco allo scherno della maggioranza. Alcuni affreschi a fianco dei sedili di un gabinetto pubblico a Ostia ci mostrano questi filosofi, i sedicenti maestri dell’arte del ben vivere, che danno ai loro clienti seduti dei severi precetti gnomici sul modo corretto di defecare!”[2]

Difficile immaginare che uno storico del calibro di Peter Brown non sapesse che i sapienti ritratti – per inciso Solone era giurista non filosofo – erano vissuti circa sette secoli prima, ossia la stessa distanza temporale che abbiamo oggi con l’epoca di Dante. È dunque evidente una forzatura deliberata, allo scopo di manipolare un fatto storico per impiegarlo a sostegno di una tesi preconcetta, sviluppata in seno alla tendenza a equiparare ad ogni costo quel periodo storico alle società post-moderne contemporanee.

In questo caso non sono in questione bias inconsapevoli o mancanza di immedesimazione nella mente dell’epoca, si tratta solo di mancanza di rigore e di onestà intellettuale. [BM&L-Italia, gennaio 2025].

 

Notule

BM&L-25 gennaio 2025

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Tesi erronea, come dimostrano praticamente tutti gli storici della filosofia tardo-antica. Basta leggere anche poche pagine di Martha Nussbaum, Max Pohlenz, Concetto Marchesi, Giovanni Reale o Maria Zambrano sui filosofi e sulle scuole stoica, epicurea e scettica nella Roma imperiale, per rendersi conto dell’impatto sulla cultura e sulla vita quotidiana del loro insegnamento.

[2] Philippe Aries & Georges Duby (a cura di), La Vita Privata dall’Impero Romano all’anno Mille, p. 183, Edizione CDE, Milano 1986.